mercoledì 25 marzo 2015

Emilia-Romagna. Una Regione per il cinema

Un articolo di Franco Montini su La Repubblica di oggi ci informa che in Italia, come effetto collaterale della digitalizzazione delle sale cinematografiche, 300 cinema sono stati costretti alla chiusura.
In Emilia-Romagna abbiamo evitato che questo accadesse.

Nella passata legislatura, abbiamo investito, con due bandi, 4 milioni di euro che hanno consentito di digitalizzare e salvare quasi 200 sale cinematografiche. Dopo l'approvazione del bilancio 2015 procederemo con un nuovo bando a completamento dell'ultima tranche di sale (una trentina). Intanto, ieri, abbiamo concluso il percorso partecipato per la redazione del Pianno Triennale della Legge Cinema e ora siamo pronti per portarlo in approvazione in Assemblea Regionale.

Riporto qui l'articolo de la Repubblica.

da R2 Cronaca di mercoledì 25 marzo 2015
Sparite 300 piccole sale in Italia “Salviamo i nuovi cinema Paradiso” 
È un effetto collaterale del passaggio al digitale: un danno culturale per intere comunità

di FRANCO MONTINI
Ogni rivoluzione tecnologica pretende le sue vittime ed anche la digitalizzazione delle sale cinematografiche non è sfuggita alla regola. Sono circa trecento i cinema che non ce l’hanno fatta, ovvero che non sono riusciti a convertirsi al nuovo sistema e, che, con la definitiva sparizione della pellicola, sono stati costretti alla chiusura. Impossibile per molte aziende a gestione artigianale o familiare sostenere la spesa necessaria per l’acquisto di un impianto digitale, il cui costo si aggira mediamente attorno ai 50mila euro.
La sparizione di queste sale è avvenuta nel più totale silenzio, perché si tratta di strutture già in difficoltà, che complessivamente totalizzano un numero modesto di presenze e che non vengono monitorate da Cinetel, una sorta di Auditel del cinema, che controlla il 90 per cento dell’intero mercato, rilevando quotidianamente il numero di biglietti venduti in ciascun esercizio. Quasi tutte le sale sparite erano cinema monoschermo, ubicati in centri di piccole dimensioni, dove nella maggior parte dei casi non esistono altre strutture d’esercizio. Ma proprio per questo in termini culturali il danno è significativo: molti italiani, infatti, non hanno più un cinema vicino casa e, per vedere un film sul grande schermo, dovrebbero a spostarsi per decine di chilometri. I giovani spettatori sono in parte disponibili a compiere questi percorsi, ma intere fasce di spettatori di fatto sono state escluse dal cinema.
Un censimento esatto sul numero di sale sparite non è stato stilato, ma in alcune zone i numeri sono allarmanti. «In provincia di Bergamo — afferma Francesco Giraldo, segretario dell’Acec (Associazione Cattolica Esercenti Cinema) — su 80 sale della comunità esistenti, che non sono più le vecchie sale parrocchiali gestite da anziani sacrestani, ma centri di aggregazione e di incontro per gruppi di giovani cinefili, ne abbiano perse 20; in provincia di Brescia 17 su 40». Ma hanno chiuso anche cinema in centri con migliaia di abitanti come a Busca, provincia di Cu- neo, a Gubbio, a Cesenatico, a Francavilla al Mare, a Iglesias, a Guspini, vicino Cagliari. Il fenomeno ha interessato tutto il territorio nazionale. I bandi degli enti locali finalizzati ad agevolare la riconversione delle sale con contributi sul costo della digitalizzazione hanno funzionato solo in parte. Nella maggioranza dei casi, infatti, i contributi vengono erogati solo a presentazione delle spese sostenute, ma in prima battuta è l’esercente a dover anticipare il denaro necessario e molti non sono stati in condizione di farlo, anche perché non esiste alcuna certezza circa i tempi di rimborso. Per salvare queste sale la soluzione più realistica potrebbe essere quella di consentire ai cinema di dotarsi di una strumentazione leggera e molto più economica, proiettando i film in formato bluray. Ma la proposta si scontra con le preoccupazioni delle grandi case di distribuzione, che, non senza ragione, temono un aumento e un proliferare della pirateria, e con la contrarietà di quegli esercenti, che avendo già sostenuto, magari con grandi sacrifici, le spese della digitalizzazione, giudicano l’ipotizzata concessione una forma di concorrenza sleale. Da qui la necessità di introdurre una normativa precisa e dettagliata che preveda attenti controlli sulla distribuzione di film nuovi in formato blu-ray e stabilisca che solo ai cinema lontani da altre strutture venga consentita la proiezione con questo formato. Impresa non semplice in un paese, l’Italia, poco propenso a rispettare le regole.

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